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Interstice 1
La première chose que l’on voit, qu’elle voit, c’est un rectangle marron en bois brillant et dans ce rectangle en haut un chiffre, le numéro 18, et une sorte de petite fenêtre en horizontal, avec un vitre sombre et une losange de protection qui forme plusieurs V. En dessus le petit espion, le Judas de la porte, là où le monde apparaît en vision déformée et en dessus la plaque de la maison.
La targhetta di casa, in metallo color oro con il primo cognome, e subito sotto un’altra targhetta con un altro cognome, scritto a caratteri leggermente più grandi. È la porta di casa, la prima visione che si ha uscendo dall’ascensore. Ma a volte la porta è già aperta e lei ci aspetta sulla porta immersa nei suoi pensieri e non c’è neanche bisogno di suonare il campanello che scampanella vigorosamente e forse non solo da quando sono diventati più sordi in questi ultimi anni, chissà com’era il rumore del campanello al tempo dei nonni, e i suoi pensieri si tramutano in un largo sorriso non appena si aprono le porte dell’ascensore e ci guarda mentre ci giriamo per chiuderle e fanno rumore, rumore del vetro e dell’incastro.
Interstice 2
Le loro mani si confondono. Ma lei ha l’indice della mano destra un po’ piegato verso l’interno e le nocche più larghe e visibili. Le mani di lui sono invece più affusolate e restano così attraverso il tempo che sembra non posarsi in quel punto del suo corpo, queste mani snelle e regolari e quel gesto di posarle sulle ginocchia, e lasciarle sulle cosce bianche e lucide, così chiare d’estate, queste mani che si posano sui pantaloni il resto dell’anno. Ora che non resta più niente, restano i dettagli delle cose che furono. E mi perdo a guardare i dettagli delle loro conversazioni e le loro mani calme, pazienti che ascoltano tutte le loro parole, accompagnandole attraverso la loro immobilità e la calma e il piacere che ritrovano ogni volta che stanno insieme. Queste stesse mani diventano frenetiche in altre occasioni e la vedo ancora nel suo gesto con l’unghia dell’indice destro che gratta la pelle vicina all’unghia del pollice, qualcosa la preoccupa, il pensiero persiste e poi diventa una sfida portare a termine l’operazione, continuare e persistere per eliminare la pellicina e una richiama l’altra e lei continua così a esprimere la sua tensione.